Recensione critica: Alberto Veca

Armadi delle meraviglie,

   o della memoria, aperti allo sguardo che esplora perchè di essi sono segnalati solo i dati essenziali dell'architettura, fra la verticale degli stipiti e l'orizzontale dei piani.: Come è noto la figura  appartiene alla tradizione pittorica in quel particolare gusto  secentesco di riprodurre in pittura un "particolare" dello studiolo di preziosi o di rarità, quasi a gara illusionistica con la realtà. Il punto di vista è equatoriale, spesso la superficie dipinta presenta margini che  coincidono con gli stipiti del mobile: si arriva, come nel caso dello  Scarabattolo attribuito a Domenico Rempes ora al  museo dell'Opificio delle pietre dure di Firenze, a sagomare il telaio in funzione delle ante aperte.

Indipendetemente dall'intenzione illusionistica, il "ritratto" dell'armadio è in fondo un autoritratto che il pittore realizza utilizzando gli oggetti che arredano il suo studio o che sono presenti nell fantasia dell'artista e per la loro presenza disordinata sui piani d'appoggio del mobile. Oggetti d'uso ma anche "modelli" di pittura, frammenti che poi troveranno la loro collocazione definitiva sulla tela dipinta come corredo della figura umana sono allora prelevati come "campioni" significativi e riproposti come protagonisti.

Forse per interessi personali la visione diretta del ciclo di lavori che Antonio Triacca ha intitolato come Armoire, facendo diventare il titolo parte integrante della superficie plastica, mi ha immediatamente suggerito questo parallelo: d'altra parte la pittura di oggetti, di "natura morta" ha  contratto nel corso del tempo una forte  carica autobiografica, già presente nella pittura di genere delle origini, nel  XVII secolo, sempre più evidenti nei cultori del tema in quello ventesimo appena trascorso, segnalando il valore dell'elezioni di un tereminato soggetto - fiore, pesce, bottiglia o conchiglia non importa - come propria figura espressiva da investigare e con cui dialogare.

L'osservazione può essere anche letta come forzatura interpretativa ma credo che Triacca abbia realizzato nel nucleo principale dell'esposizione, realizzato negli ultimi due anni, delle originali e attuali "nature morte", che oggi vuol dire un esercizio di selezione degli oggetti, o meglio il loro ritratto realizzato a diversi gradi di verosomiglianza, dall'evanescenza dell'ombra o dell'impronta al dettaglio puntuale, di esposizione in modo coerente su un piano  d'appoggio, di "chiusura" infine di "oggetto e campo" in una architettura d'assieme altrettanto identificabile, appunto il nostro armoire...

 

 

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